Fabio Maniscalco

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fabio didascFabio Maniscalco è stato uno studioso della salvaguardia dei beni culturali, soprattutto nelle aree di guerra. Avanguardista nell’analisi delle conseguenze degli eventi bellici sui BBCC, la sua voce è stata indipendente, originale e, inizialmente, incompresa per via del suo approccio metodologico originale. Come testimone e osservatore diretto, è entrato nel ventre dei conflitti per studiarne le strategie e comprendere le dinamiche insite nella distruzione dei Beni culturali mobili e immobili.
Ha inteso la cancellazione della memoria come refoulement di una comunità stessa, della sua identità e della sua dignità, sostenendo che la distruzione del patrimonio culturale di un popolo non è una conseguenza della pulizia etnica, ma uno dei suoi presupposti. La sua battaglia contro le logiche della distruzione si è attuata attraverso continui appelli, progetti e missioni sul campo.
I monitoraggi condotti nelle aree di operazioni belliche rappresentano il primo tentativo da parte di un esercito di attuare la CONVENZIONE DELL’AJA. Le osservazioni, le riflessioni e gli studi scaturiti dalle esperienze nei Balcani sono confluite in vari volumi; il primo, dedicato a Sarajevo, è straziante per la verità delle sue pagine; nel giro di breve tempo, l’osservazione e la testimonianza degli effetti delle guerre sul patrimonio culturale dei popoli coinvolti sono diventate la sua ragione di vita.
Nel corso delle ricerche successive, Fabio Maniscalco ha indagato, con metodo comparatistico, i problemi connessi alle legislazioni integrando i risultati parziali contenuti nei contributi di altri studiosi sulla Protezione dei Beni Culturali e offrendo così, sull’argomento, una panoramica di respiro più ampio.
Si è occupato delle problematiche del patrimonio culturale ad ampio raggio: dai bombardamenti del Terzo Reich alla situazione balcanica, dalla distruzione dei resti archeologici di Cipro ai danni perpetrati contro i beni culturali dell’Iraq, della Palestina e della striscia di Gaza, toccando aree martoriate come l’Afghanistan, l’Algeria, il Libano, la Valle di Kathmandu, i templi di Lhasa, il Mali.hi2 2Contestualmente, rischiando in prima persona come infiltrato, ha esplorato i rischi derivanti dalla spoliazione del patrimonio operata dal mercato clandestino e dalle archeomafie, fino ai furti e saccheggi connessi a fatti storici di maggiore portata. Notevole il suo interesse per le aree più lontane, come la Nigeria, martoriata dall’alternarsi di colpi di stato e di conflitti interni, che nell’esportazione illecita di beni culturali ha visto una delle principali cause della dispersione del proprio patrimonio archeologico e demo-etno-antropologico. Nelle città italiane - a Napoli in particolar modo – ha instaurato una fitta collaborazione con il nucleo di Tutela dei Carabinieri e col generale Conforti, col quale strinse un rapporto di stimata collaborazione.
Gli ultimi due volumi della collana monografica “Mediterraneum”, da lui ideata e diretta, sono interdipendenti ed emblematici dell’idea che Fabio Maniscalco aveva di tutela del patrimonio culturale di un popolo. Dedicati alla Palestina e agli interventi a salvaguardia dei beni culturali dei popoli nelle aree a rischio bellico, egli vi faceva emergere la fragilità di alcune nazioni, di etnie e di ristrette comunità, svelando il rischio concreto di una loro persecuzione attraverso la pulizia culturale. Ne faceva scaturire l’occorrenza di una approfondita consapevolezza delle sopravvivenze storico-culturali, come pure l’idea forte e innovativa che la tutela debba passare attraverso una salvaguardia attiva, svolta nei territori in cui gli equilibri politici sono più inconsistenti e messa in atto dalle stesse parti interessate non solo durante le fasi di un conflitto, ma addirittura prima del conflitto stesso. Insomma, è necessario predisporre una coscienza volta alla preservazione dal danno in situazione di stato d’emergenza.
Fabio Maniscalco perviene a questa idea di tutela sperimentando in prima persona - con un impegno che, alla luce della sua morte, ha la carica simbolica di un sacrificio - le difficoltà, anche invisibili e insidiose, di una ricognizione nei teatri di guerra.
Il costante impegno nei contesti di guerra non lo ha mai indotto a deflettere da un impegno morale che reputava fondamentale: la formazione dei giovani attraverso la sua azione come Docente universitario. Per questo motivo, sono stati diversi e significativi i progetti di Salvaguardia da lui avviati; in essi è costante la ricerca di un approccio scientifico in ordine alle conoscenze storico-culturali del bene da salvaguardare e alle tecniche di intervento, di restauro e di recupero da mettere in atto.
La sua è stata un’attività didattica operativa, basata sulla collaborazione con le autorità locali e il loro coordinamento, sui monitoraggi grafici e fotografici dei beni culturali ed ambientali presenti nelle nazioni in crisi, nonché sulla creazione di una banca dati e di pubblicazioni periodiche. Non ultima, nelle sue priorità, è stata l’organizzazione di convegni e numerosi corsi di formazione: già nel 2000, ormai 18 anni fa, interviene in un convegno su "Guerra e Balcani" (Convegno Internazionale 31/03 -01/04/2000) con una riflessione su "L'articolo 7 della Convenzione de L'Aja del 1954 e le esperienze dell'Esercito Italiano in Bosnia ed in Albania".
La Tutela, invece, è per tutto il decennio successivo oggetto di riflessioni teoriche che confluiscono in un Osservatorio permanente per la protezione dei Beni culturali ed ambientali in area di crisi e in due collane di studi, una cartacea, “Mediterraneum”, e una online, il “Web Journal”, strumenti straordinari di coordinamento, divulgazione e organizzazione delle ricerche degli studiosi di tutto il mondo. Fabio Maniscalco ha sostenuto anche una revisione degli interventi dell’ONU e dell’UNESCO, che avevano già dimostrato, durante i conflitti, di essere subalterni alle grandi potenze mondiali; ha stabilito la relazione diretta tra tutela dei Beni culturali e il rispetto dei diritti umani. Nel corso del tempo questo studioso ha costruito un nuovo modo di fare Salvaguardia e di fare Tutela, attiva e fattiva, in cui le comunità locali fossero coinvolte e sensibilizzate e dove vi fosse una stretta collaborazione tra chi, da straniero, si trovi ad operare in aree spesso sconosciute e chi i progetti li subisce dall’alto.                                                         (Mariarosaria Ruggiero Maniscalco)

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